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Tribunale di Cagliari, penale, sentenza 6 luglio 2016 n. 2535

Pablo De Luca, avvocato
Alessandra Stentella, avvvocato
Tribunale di Cagliari, penale, sentenza 6 luglio 2016 n. 2535

Perché si realizzi l’elemento oggettivo del delitto di truffa contrattuale ex art. 640 c.p., non è sufficiente il semplice pagamento di merci mediante assegni di conto corrente privi di copertura, ma è necessario un “quid pluris”, ovvero, che la condotta sia accompagnata da un malizioso comportamento dell’agente nonché da fatti e circostanze idonee a determinare nella vittima un ragionevole affidamento sull’apparente onestà delle intenzioni del soggetto attivo.
Questo è quanto sancito recentissimamente dalla giurisprudenza di merito.

Il caso
La sentenza in commento ha ad oggetto l’acquisto di attrezzatura per rosticcerie mediante un assegno rivelatosi successivamente bloccato a seguito della presentazione di denuncia per il furto dello stesso.
Ebbene, il soggetto attivo della condotta delittuosa non si era semplicemente limitato a contattare il venditore per l’acquisto della suddetta attrezzatura e consegnare poi l’assegno bloccato, ma aveva posto in essere una serie di condotte volte ad acquisire la fiducia del venditore, manifestando, apparentemente, una reale volontà a comprare la merce e prestando anche delle garanzie sull’assegno al fine di convincere il soggetto passivo del reato su tale modalità di pagamento dal momento in cui lo stesso voleva essere pagato mediante bonifico bancario.

L’ipotesi delittuosa
Il reato analizzato dal Tribunale di Cagliari è il delitto di truffa contrattuale, disciplinato dal Ns. legislatore all’art. 640 c.p..
Ebbene, per meglio comprendere le considerazioni mosse dal Giudice di merito, occorre muovere brevemente dei piccoli cenni in ordine a tale ipotesi delittuosa.
Il legislatore penale prevede all’art. 640 c.p. la punibilità del reato di truffa, inserendolo tra i delitti contro il patrimonio mediante frode, così sottolineando l’antigiuridicità della condotta incriminata in quanto idonea ad arrecare un danno allo stesso patrimonio del soggetto passivo in modo ingiustificato e fraudolento.
Partendo da tale assunto, possiamo ora meglio comprendere quanto pronunciato nel caso de quo.
Nella sentenza in oggetto, Il Tribunale penale di Cagliari ha ribadito il principio che non è la semplice lesione del patrimonio del soggetto passivo a poter far configurare tale ipotesi delittuosa, ma è necessario, appunto, che il soggetto attivo ponga tutta una serie di artifizi e raggiri che vanno ad intaccare quella cosiddetta “buona fede” contrattuale, tutelata anche dal codice civile all’art. 1337 c.c.
Ed infatti, la semplice emissione di assegni privi di copertura non integra nessun illecito penale.
Il mancato pagamento, può integrare tuttalpiù inadempimento contrattuale, tale da giustificare un azione civile per il recupero del prezzo e per il risarcimento del danno.
Tuttavia, siffatto comportamento può assumere rilevanza penale, se le rassicurazioni sulla possibilità di pagare l’assegno alla data di scadenza, consapevole che non c’è e non ci sarà adeguata copertura, qualora siano tali da ingenerare, nella vittima, l’affidamento sul regolare pagamento dei titoli. Infatti, tali condotte vanno qualificati come artificio o raggiro e quindi determinare nella vittima un ragionevole affidamento sull’apparente onestà delle intenzioni del soggetto attivo e sul pagamento degli assegni.
Tale fattispecie delittuosa, quindi, può definirsi plurioffensiva, poiché rivolta a tutelare non solo l’interesse del singolo a non subire una sopraffazione altrui, ma anche l’economia nazionale e l’interesse generale.

Osservazioni
Diversi sono gli aspetti che emergono dalla sentenza ivi esaminata.
In primo luogo i giudici di merito hanno ribadito che l’intera disciplina ex art 640 c.p. è volta a tutelare la volontà dei soggetti di autodeterminarsi in modo libero nelle scelte di natura economica senza subire distorsioni illecite nell’ambito del processo di volizione.
Tale aspetto acquista maggior rilievo se lo inseriamo in un contesto costituzionale fondato sul principio della solidarietà (ex art. 2 Cost.).
Ed infatti, così come già ampiamente sorpa ribadito, il reato di truffa contrattuale è volto a tutelare principalmente la credibilità dei contratti e la libertà della determinazione, “punendo”, di conseguenza, la sopraffazione sull’altrui personalità intellettuale.
In secondo luogo, si sottolinea come gli artifizi e raggiri posti in essere devono risultare idonei a realizzare il reato in esame.
Tale idoneità, può essere valutata sul piano probatorio solo tenendo ben presente l’evoluzione culturale della società, atteso che, diversamente argomentando, si rischierebbe di entrare in contrasto con il principio della causalità, ex art. 40 c.p.
Quindi, non è la mera “deminutio patrimonii” altrui a far configurare l’ipotesi delittuosa, ma è necessario che “la condotta sia accompagnata da un malizioso comportamento dell’agente nonché da fatti e circostanze idonee a determinare nella vittima un ragionevole affidamento sull’apparente onestà delle intenzioni del soggetto attivo”.
Ed infatti, qualora non sussistano tali presupposti, ci troveremmo di fronte ad una fattispecie di rilievo solo civilistico.
Il quid pluris rispetto al mero inadempimento civilistico necessario per la configurabilità del reato di truffa contrattuale è stato, nel caso specifico, integrato nelle assicurazioni date al venditore che il soggetto acquirente sarebbe stato certamente in condizioni di adempiere all'obbligazione pecuniaria che si apprestava ad assumere.