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Tribunale Penale di Campobasso, sentenza 5 luglio 2016 (pubblicata in data 27 luglio 2016) n. 585

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Tribunale Penale di Campobasso, sentenza 5 luglio 2016 (pubblicata in data 27 luglio 2016) n. 585

Reati edilizi – Direttore dei lavori – Obbligo di vigilanza sulla corretta esecuzione delle opere – Responsabilità penale – Esclusione – Rinuncia all’incarico

Qualora il direttore dei lavori, in osservanza al suo precipuo onere di costante vigilanza sulla corretta esecuzione delle opere nell’ambito di interventi di ristrutturazione di un immobile, riscontri ed accerti essenziali variazioni e totali difformità tra le opere realizzate e quanto contenuto nel titolo abilitativo del permesso di costruire rilasciato, può andare esente da responsabilità penale solo ove dia pronta e formale comunicazione di rinuncia all’incarico ricevuto.

Ciò è quanto ribadito dalla giurisprudenza di merito con una recente sentenza del Tribunale di Campobasso.

Il Caso

La vicenda da cui nasce tale sentenza vede coinvolti sei soggetti nelle proprie differenti e rispettive qualità di comproprietari dell’immobile oggetto d’intervento edilizio, titolari del permesso di costruire, direttore dei lavori e titolare dell’impresa di costruzione.
Tali soggetti vengono sottoposti a procedimento penale quali imputati dei reati di cui agli artt. 31 e 44 co. 1 lett. C del D.P.R. n. 380/2001: “Testo Unico in materia edilizia” e 110 c.p., 93,94 e 95 del D.P.R. 380/2001 e 181 co. 1 bis lett. A del D.Lgs. 42/2004: “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, in quanto, nel corso di interventi di ristrutturazione a fini turistici di un fabbricato sito in Sepino, provincia di Campobasso, venivano realizzate opere edilizie consistenti in aumenti di superfici, volumi e difformità prospettiche, in totale difformità dal permesso di costruire e dalla prescritta autorizzazione, in area dichiarata di interesse pubblico.
Nello specifico, nel mese di Aprile del 2011 il Comune di Sepino, provincia di Campobasso, a seguito della richiesta presentata dagli interessati, rilasciava un permesso di costruire con cui si autorizzava l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione a fini turistici sull’immobile di proprietà di due soggetti, sito in “zona archeologica”.
Pochi mesi dopo, gli stessi presentavano una istanza di “variante architettonica” al precedente permesso di costruire già rilasciato, che però non veniva concessa, in quanto riscontrate discordanze tra le quote del progetto approvato e quelle di variante.
A fronte di tale diniego, il proprietario dell’immobile avanzava richiesta di sanatoria per le opere difformi già realizzate, la quale veniva rigettata.
A seguito di tali fatti, l’Ufficio Tecnico locale emanava una ordinanza con la quale intimava di sospendere immediatamente l’esecuzione dei lavori oggetto della domanda di sanatoria.
Pertanto, a seguito di esame ed accertamenti sulla documentazione in atti e mediante rilievi tecnici in loco, il Comune di Sepino emanava un’ulteriore ordinanza con la quale ingiungeva ai titolari del permesso di costruire e ai comproprietari dell’immobile in oggetto di provvedere alla demolizione e al ripristino delle opere abusive.
Nel corso del processo, le testimonianze raccolte congiuntamente alla documentazione acquisita conducevano l’Ill.mo Giudice a ravvisare la configurazione dei reati così come contestati dal Pubblico Ministero solo per taluni dei soggetti imputati, escludendo invece la responsabilità per il direttore dei lavori per il quale veniva pronunciata sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto.

Inquadramento normativo e focus giurisprudenziale

La fattispecie concreta e gli esiti istruttori non sembrano lasciar dubbi al Giudice a quo circa la configurabilità del reato di “interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali” di cui agli artt. 31 e 44 co.1 D.P.R. 380/2001, in quanto la circostanza della realizzazione di opere difformi rispetto a quanto previsto nel titolo abilitativo è risultata ampiamente provata in fase istruttoria.
Ebbene, nonostante l’imputazione sopracitata sia provata e sia la medesima per tutti i soggetti coinvolti nel caso di specie, il Giudice adito giunge a conclusioni diametralmente differenti per i diversi coimputati.
In tal senso, è infatti fondamentale il riferimento al dettato dell’art. 29 del D.P.R. 380/2001, laddove esso prevede che siano responsabili della conformità delle opere alla normativa urbanistica e alle previsioni di piano, il titolare del permesso di costruire, il committente e il costruttore nonché, il direttore dei lavori per la conformità al permesso e alle modalità esecutive stabilite dal medesimo. Alla luce di ciò non sembrerebbe esservi alcun dubbio circa la responsabilità di tutti i soggetti imputati in virtù delle loro rispettive posizioni.
Eppure, a ben vedere, a tale fattispecie deve trovare applicazione il II comma dello stesso articolo 29, che prevede un’ipotesi di esonero da responsabilità penale per il direttore dei lavori il quale non rischia una condanna per concorso in ipotesi delittuosa qualora abbia contestato agli altri soggetti la violazione delle prescrizioni del permesso di costruire, fornendo dunque al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale contemporanea e motivata comunicazione della violazione stessa.
Lo stesso comma dispone altresì che, nei casi di totale difformità o di variazione essenziale rispetto al permesso di costruire, come nel caso di specie, il direttore dei lavori deve inoltre, contestualmente alla comunicazione resa al dirigente, rinunziare all'incarico.
La rinunzia, e dunque l’esercizio di una pronta azione di recesso dall’incarico assunto, si può asserire rappresenti, ai sensi del capoverso dell’art. 29, una “valvola di sicurezza” e una sicura scriminante per il professionista, il quale invece sarà ritenuto penalmente responsabile solo ove avrà materialmente concorso alla perpetrazione del reato in oggetto, e non anche per il sol fatto di rivestire formalmente la carica suddetta.
A tal riguardo, sottolinea la Suprema Corte come il professionista possa essere esente da penale responsabilità “sempre che il recesso dalla direzione dei lavori sia stato tempestivo, ossia sia intervenuto non appena l’illecito edilizio si sia evidenziato in modo obiettivo, ovvero non appena lo stesso abbia avuto conoscenza che le direttive impartite erano disattese o violate” (cfr. ex multis, Cass. Sez. III, 10/5/2005 n. 34376).
Si deve aggiungere come sia oramai principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui non possa riconoscersi alcuna efficacia liberatoria ad una “rinuncia comunicata mediante lettera diretta ai committenti, posto che tale atto è ontologicamente inidoneo a fornire la prova che vi sia stata reale rinuncia nella data indicata” (cfr. Cass., sez. III, 14 giugno 2007, n. 23129).
Sarà dunque indispensabile per il professionista ricorrere alla spedizione di una lettera raccomandata che faccia piena prova in relazione a data certa.
Dal complesso di norme e consolidati orientamenti giurisprudenziali emerge quindi un vero e proprio onere in capo a tale soggetto consistente in una sovraintendenza e supervisione che sia continua e ininterrotta sulle opere della cui esecuzione ha assunto la responsabilità tecnica e il conseguente obbligo di vigilanza sulle attività eseguite, in quanto egli, oltre ad essere il referente del committente per gli aspetti di carattere tecnico, assume anche la “funzione di garante nei confronti del Comune dell'osservanza e del rispetto dei contenuti dei titoli abilitativi all'esecuzione dei lavori" (cfr. anche Cassazione penale, Sez. III, sent. n. 14504 del 20.01.2009).